di Nico Carlucci
Nel mese di ottobre del 2009 è andato via un grande dell’ antropologia: Claude Levi-Strauss. Lo studioso del “pensiero selvaggio” è vissuto dedicando la sua opera a popolazioni, le tribù indigene del Brasile, che solo apparentemente, secondo molti, sono “diverse” da noi. Certo, il suo approccio verso gli “altri” è frutto di un lavoro impassibile dove, spesso, manca l’uomo. In questo, forse, il suo limite. Ma, ovviamente, le sue osservazioni, le sue classificazioni, le sue analisi dei sistemi culturali sono irrinunciabili per chi voglia accostarsi a questa “strana” scienza che è l’Antropologia. Come non ricordare, allora, un monumento quale la serie Mitologica in cui il suo “sguardo da lontano” evidenzia le strutture portanti delle culture, il sistema dei miti e le figure simboliche di tanti racconti che l’antropologo analizza e “scrive”.
Il freddo “strutturalismo” di Levi-Strauss, a tratti meccanico, non ha permesso, comunque, la nascita di una sua scuola di pensiero.
Quando lavorava al suo saggio: “Il crudo e il cotto” egli sicuramente si appoggiava all’opera di Marcel Mauss sul dono. Ciò che contava per lui, però, era l’aspetto formale, la struttura “selvaggia” del mito, appunto, le opposizioni, l’archetipo di immagini “senza tempo” perché, in ultima analisi, privi di storia. E allora la freddezza di cui parlavo prima, la “nostalgia” per le terre del Mato Grosso, per i Nambikwara.
Ma la sincronia dello Strutturalismo e delle intuizione di Levi-Strauss, dimenticavano l’anima, la diacronia dei modelli culturali con le loro “lunghe durate”.
Altri antropologi hanno scoperto, viceversa, la storia delle culture, le “diffusioni” silenziose delle costanti, dei ruoli, dei valori, dei significati simbolici e concreti dei popoli.
Ma Levi-Strauss è certamente un classico della scienza della cultura.
Sorgono, all’indomani della sua morte le domande, nuove ed “antiche” ad un tempo: dove va l’Antropologia? a che punto siamo con la disciplina?
Spero di poter affrontare proprio nel web e con il web i mille interrogativi che la culturologia porta con sé, nell’era del globale, in un permanente divenire.
Nel mese di ottobre del 2009 è andato via un grande dell’ antropologia: Claude Levi-Strauss. Lo studioso del “pensiero selvaggio” è vissuto dedicando la sua opera a popolazioni, le tribù indigene del Brasile, che solo apparentemente, secondo molti, sono “diverse” da noi. Certo, il suo approccio verso gli “altri” è frutto di un lavoro impassibile dove, spesso, manca l’uomo. In questo, forse, il suo limite. Ma, ovviamente, le sue osservazioni, le sue classificazioni, le sue analisi dei sistemi culturali sono irrinunciabili per chi voglia accostarsi a questa “strana” scienza che è l’Antropologia. Come non ricordare, allora, un monumento quale la serie Mitologica in cui il suo “sguardo da lontano” evidenzia le strutture portanti delle culture, il sistema dei miti e le figure simboliche di tanti racconti che l’antropologo analizza e “scrive”.
Il freddo “strutturalismo” di Levi-Strauss, a tratti meccanico, non ha permesso, comunque, la nascita di una sua scuola di pensiero.
Quando lavorava al suo saggio: “Il crudo e il cotto” egli sicuramente si appoggiava all’opera di Marcel Mauss sul dono. Ciò che contava per lui, però, era l’aspetto formale, la struttura “selvaggia” del mito, appunto, le opposizioni, l’archetipo di immagini “senza tempo” perché, in ultima analisi, privi di storia. E allora la freddezza di cui parlavo prima, la “nostalgia” per le terre del Mato Grosso, per i Nambikwara.
Ma la sincronia dello Strutturalismo e delle intuizione di Levi-Strauss, dimenticavano l’anima, la diacronia dei modelli culturali con le loro “lunghe durate”.
Altri antropologi hanno scoperto, viceversa, la storia delle culture, le “diffusioni” silenziose delle costanti, dei ruoli, dei valori, dei significati simbolici e concreti dei popoli.
Ma Levi-Strauss è certamente un classico della scienza della cultura.
Sorgono, all’indomani della sua morte le domande, nuove ed “antiche” ad un tempo: dove va l’Antropologia? a che punto siamo con la disciplina?
Spero di poter affrontare proprio nel web e con il web i mille interrogativi che la culturologia porta con sé, nell’era del globale, in un permanente divenire.
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