Soffermiamoci su un classico dell’Antropologia, Il ramo d’oro di James Frazer visto che si dà sempre meno spazio a quella “letteratura” relativa alla scienza della cultura. Sì, cerchiamo di rileggere, di tanto in tanto, in questo blog “indie”, alcune delle opere più prestigiose dell’Antropologia e non importa se sono più o meno “superate”. Il mio vuole essere un tentativo di ridisegnare uno spicchio “minimo” di questa storia mediante uno dei suoi libri che più si ricordano; lo faccio senza ipocrisie di sorta. Incomincio proprio con Il Ramo d’oro di Frazer che fu pubblicato nel 1890 e poi ampliato fino alla sua stesura definitiva del 1915. In esso l’antropologo si occupa delle cosiddette culture primitive in base alla teoria evoluzionistica molto in voga verso la fine dell’Ottocento: “…quale colore avrà la ragnatela che il fato sta ora intrecciando sul telaio del tempo? Sarà bianca o rossa? Non lo sappiamo. Una pallida, tremante luce illumina le parti già ordite. Il resto è avvolto nell’oscurità, nella nebbia”. Il titolo dell’opera deriva da due narrazioni molto diverse tra loro: l'episodio della Sibilla che consigliò ad Enea di procurarsi un ramo d'oro, prima di discendere nell'Ade per consentirgli di ritornare dagli Inferi; il rito dell'uccisione dei re nel bosco di Nemi. Frazer analizza, ne Il ramo d’oro le origini degli usi, dei costumi, dei riti, considerando anche le pratiche religiose e magiche, le superstizioni, i miti attuali e antichi presenti nelle diverse parti del mondo. L’opera si può suddividere in due principali sezioni: la prima ha come titolo "Re maghi e dei morituri”. Qui lo studioso descrive le varie vicende di re sacri, eliminati per mezzo di riti sacrificali. Egli propone anche una teoria sulla struttura della magia, sul culto della natura e degli alberi, sull'origine e diffusione dei tabù, oltre alla riscoperta di numerosi personaggi classici, quali Osiride, Adone, Demetra, Dionisio. La seconda parte del volume, presenta, invece, un maggior numero di tematiche folkloriche. Frazer, appunto,approfondisce le caratteristiche ed il senso dei riti sacrificali, dell'espulsione del male e del capro espiatorio, a cui dedica, oggi, molte pagine dei suoi studi René Ginard. L’antropologo utilizza il metodo del comparativismo servendosi anche di informazioni ottenute di seconda mano dai viaggiatori, cosa questa contestata da Franz Boas che cercava, viceversa, di combatterla con il suo celeberrimo motto: “tutti sul campo”. Certo alcuni limiti de Il ramo d’oro sono evidenti. Non sono sicuramente io il primo a scriverlo. L’Antropologia ha camminato parecchio e ha superato molte delle cose nelle quali Frazer credeva: l’evoluzionismo, prima di tutto, che ispirava la sua produzione scientifica e che parlava di stadi di sviluppo delle culture, quelle primitive (ferme al primo stadio) e quelle “complesse” . Ma i classici vanno riletti per continuare ad interrogarli e fare la storia dell’Antropologia. Frazer elabora anche un modello di spiegazione dei principi della magia, retto da alcune leggi fondamentali, come quella della similarità e del contagio. La prima si basa sul concetto del simile che genera il simile; invece, la magia “contagiosa” è basata sulla legge di contatto che prevede il proseguimento degli effetti scatenati da un contatto, anche ad una certa distanza. Entrambe le correnti magiche appartengono alla grande categoria della magia simpatica, poiché presuppongono un’interazione a distanza. Ma l’Antropologia contemporanea critica lo stesso concetto di magia che di per sé non dice nulla; al contrario, sarebbe opportuno far rientrare il tutto, magia compresa, nell’ambito della fenomenologia del Sacro a cui si sono dedicati diversi storici delle religioni. Alcuni studiosi potrebbero occuparsi proprio di questa conciliazione impropria che Frazer fa tra magia e religione. E da qui ripensare, in chiave nuova, i fenomeni atmosferici, la pioggia, il vento, la siccità, l'alternanza delle stagioni, le fasi della luna, il cammino quotidiano e periodico del sole. Finalmente toccare “ l’anima”, come fa l'autore nell’ultima parte del volume, l’anima intesa come entità concreta, conservabile all'interno di un “recipiente” e capace di garantire, quindi, la salute e la vita dell'essere umano che la ospita. Il campo è aperto.
Enea
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