di Nico Carlucci
Credo che bisogna tornare a leggere alcuni dei classici del pensiero antropologico visto che vengono tuttora dimenticati nei posti deputati al sapere. In Italia, poi, per via della forte influenza del marxismo sono stati rimossi quegli autori fondanti dell’ Antropologia perché appartenenti all’America “cattiva e capitalista”. Non è un caso, infatti, se viene pubblicato, in italiano, solo adesso, nel 2008, un libro di Margareth Mead: America allo specchio: lo sguardo di un’antropologa, uscito per la prima volta negli States nel 1944 (titolo originale: And Keep your powder dry; an anthropologist looks at America).Il Muro di Berlino non sembra essere caduto nel nostro Paese riguardo i Grandi delle scienze sociali, relegati al silenzio per mezzo di un atteggiamento che appare come una vera e propria “malafede” . Da noi le scienze sociali non vengono, del resto, valorizzate dal Potere che continua a chiamarle “sapere umanistico”come succede per la Storia data l' inconsapevole, anacronistica influenza del Positivismo. Non è così in tutto l' Occidente.
E che dire di nomi come quello di Franz Boas, di Alfred L. Kroeber ignorati dalle università italiane, dai loro percorsi di studio, dalle loro lauree di "primo" e di "secondo" livello?
Franz Boas ha fondato, alla Columbia University di New York, il primo dipartimento di Antropologia in USA . Lo studioso ha vissuto in America per cinquantacinque anni.
Kroeber è stato, invece, uno monumento della culturologia durante la prima metà del Ventesimo secolo e oltre.
In Italia, niente di tutto questo, né prima del Muro, né dopo il Muro. Boas e Kroeber continuano a non essere letti, citati dall’accademia nonostante il loro rigore e il fatto che siano dei giganti del sapere tout court.
THE UNIVERSITY IN EXILE
E’ proprio con Franz Boas (1858-1942) che l’Antropologia si sviluppa nel suo significato moderno. Egli nasce a Minden, in Germania, ma vive quasi tutta la sua vita nel Nuovo Continente. Si laurea con una tesi sul colore dell’acqua del mare. Il suo interesse per la Geografia lo portò all’Antropologia.
In questa sede presento, in sintesi, alcuni punti del lavoro di Boas.
Prima di tutto bisogna dire che le ricerche dello studioso tendono a dimostrare il superamento delle tesi evoluzionistiche che parlano di sviluppo delle culture per “stadi”. Ciò fu percepito dai contemporanei come qualcosa di veramente nuovo.
Boas, inoltre, dimostra, contro le convinzioni della sua epoca, che le razze non influenzano le culture, che tratti culturali simili vengono ri-modellati in modo originali e diversi dal “pattern” che li riceve.
Le culture si incontrano direttamente, storicamente (alcuni dei loro elementi, comunque, possono anche avere una nascita autonoma).
Vorrei che il lettore percepisse la forza di quanto Boas andava dicendo. Molte sue posizioni, oggi, sono ben codificate e quasi "ovvie". Ma con Franz crollavano, a livello di metodo, veramente le mura di Gerico!
Rielaborazione dei tratti culturali, contatto storico tra i gruppi , per l'antropologo, naturalizzato americano, diventava sempre più importante mettersi dal punto di “vista dell’indigeno” per capire i popoli. Da qui viene fuori il relativismo che fa di ogni cultura un “unicum”, di difficile comprensione, per via della sua “storia” particolare.
In questo contesto definisce gli evoluzionisti dell’Ottocento degli “etnologi da camera” in quanto si servono di materiali di seconda di mano mentre il suo motto è : “Tutti sul campo”.
E Boas fu più volte “sul campo”: tra gli indiani e gli abitanti delle zone artiche, affascinato dagli eschimesi, dai mille modi di questi ultimi di “chiamare la neve”.
ALFRED L. KROEBER
Allievo di Boas fu Alfred L. Kroeber che nacque ad Hoboken, New Jersey, nel 1876 .
Egli intuisce subito l’importanza della storia in Antropologia essendo il processo di sviluppo della cultura di tipo accumulativo.
L’uomo, al contrario delle altre specie animali, ha la capacità di creare i simboli e soprattutto di rendere partecipe delle sue invenzioni, scoperte, anche generazioni precedenti.
Nel saggio il “Superorganico” (1917) ci sono molti argomenti illuminanti al riguardo.
L’uccello, per esempio, riesce a volare grazie alle ali che sono di origine organica. Antenato dell’uccello è il rettile che non ha le ali. Nel momento in cui la vita sulla terra incomincia ad essere difficile, ecco che il rettile in questione trasforma le sue scaglie in piume e un paio delle sue zampe in ali. Tuttavia, l’uccello, come è evidente, ha dovuto rinunciare a qualcosa per volare. L’uomo, viceversa, è capace di volare grazie all’aereo, ad una tecnica. Le sue ali sono extra organiche, non ereditarie come nel caso degli uccelli. Al volo dell’aereo partecipano coloro che ne sono stati gli artefici, gli uomini, e anche i loro predecessori (gli altri uomini). Ecco la cultura. Ecco l’accumulazione delle tecniche, dei simbolismi e dei significati accompagnano sempre le invenzioni.
L’ Homo Sapiens trascende il biologico, come abbiamo visto nell'esempio riportato a proposito del volo; questi è definito dalla cultura che diventa la sua vera natura.
La cultura è autonoma dall’organico anche se dall'organico si muove (vedi la lingua che ha bisogno degli organi della fonazione e di un modello che la strutturi allo stesso tempo). L'interazione tra uomo e ambiente diventa conditio sine qua non della nostra specie.
Kroeber continua, poi, approfondendo la sua analisi scientifica: parla di quattro livelli nei quali è possibile far rientrare tutti i fenomeni che ci circondono. Abbiamo il livello dell’inorganico, dell’organico, appunto, dello psichico, del socioculturale. Tra essi viene ad istaurarsi una gerarchia: i fenomeni di un livello superiore possono essere spiegati in termini di fattori del livello o dei livelli inferiori e non viceversa. Ovviamente, l’antropologo americano nega qualsiasi principio di autonomia ontologica dei livelli di cui si sta parlando.
Nessun misticismo, quindi, a proposito della cultura. Il "socioculturale, la cultura, appunto, è puro prolungamento encefalico del tutto "libero".
Alfred Louis Kroeber
Credo che bisogna tornare a leggere alcuni dei classici del pensiero antropologico visto che vengono tuttora dimenticati nei posti deputati al sapere. In Italia, poi, per via della forte influenza del marxismo sono stati rimossi quegli autori fondanti dell’ Antropologia perché appartenenti all’America “cattiva e capitalista”. Non è un caso, infatti, se viene pubblicato, in italiano, solo adesso, nel 2008, un libro di Margareth Mead: America allo specchio: lo sguardo di un’antropologa, uscito per la prima volta negli States nel 1944 (titolo originale: And Keep your powder dry; an anthropologist looks at America).Il Muro di Berlino non sembra essere caduto nel nostro Paese riguardo i Grandi delle scienze sociali, relegati al silenzio per mezzo di un atteggiamento che appare come una vera e propria “malafede” . Da noi le scienze sociali non vengono, del resto, valorizzate dal Potere che continua a chiamarle “sapere umanistico”come succede per la Storia data l' inconsapevole, anacronistica influenza del Positivismo. Non è così in tutto l' Occidente.
E che dire di nomi come quello di Franz Boas, di Alfred L. Kroeber ignorati dalle università italiane, dai loro percorsi di studio, dalle loro lauree di "primo" e di "secondo" livello?
Franz Boas ha fondato, alla Columbia University di New York, il primo dipartimento di Antropologia in USA . Lo studioso ha vissuto in America per cinquantacinque anni.
Kroeber è stato, invece, uno monumento della culturologia durante la prima metà del Ventesimo secolo e oltre.
In Italia, niente di tutto questo, né prima del Muro, né dopo il Muro. Boas e Kroeber continuano a non essere letti, citati dall’accademia nonostante il loro rigore e il fatto che siano dei giganti del sapere tout court.
THE UNIVERSITY IN EXILE
E’ proprio con Franz Boas (1858-1942) che l’Antropologia si sviluppa nel suo significato moderno. Egli nasce a Minden, in Germania, ma vive quasi tutta la sua vita nel Nuovo Continente. Si laurea con una tesi sul colore dell’acqua del mare. Il suo interesse per la Geografia lo portò all’Antropologia.
In questa sede presento, in sintesi, alcuni punti del lavoro di Boas.
Prima di tutto bisogna dire che le ricerche dello studioso tendono a dimostrare il superamento delle tesi evoluzionistiche che parlano di sviluppo delle culture per “stadi”. Ciò fu percepito dai contemporanei come qualcosa di veramente nuovo.
Boas, inoltre, dimostra, contro le convinzioni della sua epoca, che le razze non influenzano le culture, che tratti culturali simili vengono ri-modellati in modo originali e diversi dal “pattern” che li riceve.
Le culture si incontrano direttamente, storicamente (alcuni dei loro elementi, comunque, possono anche avere una nascita autonoma).
Vorrei che il lettore percepisse la forza di quanto Boas andava dicendo. Molte sue posizioni, oggi, sono ben codificate e quasi "ovvie". Ma con Franz crollavano, a livello di metodo, veramente le mura di Gerico!
Rielaborazione dei tratti culturali, contatto storico tra i gruppi , per l'antropologo, naturalizzato americano, diventava sempre più importante mettersi dal punto di “vista dell’indigeno” per capire i popoli. Da qui viene fuori il relativismo che fa di ogni cultura un “unicum”, di difficile comprensione, per via della sua “storia” particolare.
In questo contesto definisce gli evoluzionisti dell’Ottocento degli “etnologi da camera” in quanto si servono di materiali di seconda di mano mentre il suo motto è : “Tutti sul campo”.
E Boas fu più volte “sul campo”: tra gli indiani e gli abitanti delle zone artiche, affascinato dagli eschimesi, dai mille modi di questi ultimi di “chiamare la neve”.
ALFRED L. KROEBER
Allievo di Boas fu Alfred L. Kroeber che nacque ad Hoboken, New Jersey, nel 1876 .
Egli intuisce subito l’importanza della storia in Antropologia essendo il processo di sviluppo della cultura di tipo accumulativo.
L’uomo, al contrario delle altre specie animali, ha la capacità di creare i simboli e soprattutto di rendere partecipe delle sue invenzioni, scoperte, anche generazioni precedenti.
Nel saggio il “Superorganico” (1917) ci sono molti argomenti illuminanti al riguardo.
L’uccello, per esempio, riesce a volare grazie alle ali che sono di origine organica. Antenato dell’uccello è il rettile che non ha le ali. Nel momento in cui la vita sulla terra incomincia ad essere difficile, ecco che il rettile in questione trasforma le sue scaglie in piume e un paio delle sue zampe in ali. Tuttavia, l’uccello, come è evidente, ha dovuto rinunciare a qualcosa per volare. L’uomo, viceversa, è capace di volare grazie all’aereo, ad una tecnica. Le sue ali sono extra organiche, non ereditarie come nel caso degli uccelli. Al volo dell’aereo partecipano coloro che ne sono stati gli artefici, gli uomini, e anche i loro predecessori (gli altri uomini). Ecco la cultura. Ecco l’accumulazione delle tecniche, dei simbolismi e dei significati accompagnano sempre le invenzioni.
L’ Homo Sapiens trascende il biologico, come abbiamo visto nell'esempio riportato a proposito del volo; questi è definito dalla cultura che diventa la sua vera natura.
La cultura è autonoma dall’organico anche se dall'organico si muove (vedi la lingua che ha bisogno degli organi della fonazione e di un modello che la strutturi allo stesso tempo). L'interazione tra uomo e ambiente diventa conditio sine qua non della nostra specie.
Kroeber continua, poi, approfondendo la sua analisi scientifica: parla di quattro livelli nei quali è possibile far rientrare tutti i fenomeni che ci circondono. Abbiamo il livello dell’inorganico, dell’organico, appunto, dello psichico, del socioculturale. Tra essi viene ad istaurarsi una gerarchia: i fenomeni di un livello superiore possono essere spiegati in termini di fattori del livello o dei livelli inferiori e non viceversa. Ovviamente, l’antropologo americano nega qualsiasi principio di autonomia ontologica dei livelli di cui si sta parlando.
Nessun misticismo, quindi, a proposito della cultura. Il "socioculturale, la cultura, appunto, è puro prolungamento encefalico del tutto "libero".
Alfred Louis Kroeber
Commenti