Passa ai contenuti principali

Nietzsche e la sua Antropologia (parte I)

di Nico Carlucci

La forza potente del verso e della parola

    La poesia? Ma dove arriva la poesia?: “E' sgorgata ovunque sulla terra e sgorga ancor oggi. L'irrazionalità barbaramente bella della poesia è una confutazione per voi, per voi utilitaristi”.
Nei tempi antichi l'elemento ritmico esercita una forza magica; il canto è l'in-cantamento. Ogni azione è connessa agli spiriti. Canto magico ed esorcismo è forma della poesia. Il verso venne usato anche dall'oracolo di Delfi perché il ritmo doveva esercitare una costrizione, il ritmo provoca insieme alla parola la realtà come hanno studiato i fenomenologi delle religioni. Nietzsche scriverà “Non appena la formula viene pronunciata, letteralmente e ritmicamente esatta, essa vincola il futuro”.
Ma la formula è il ritrovato di Apollo, dio dei ritmi che può vincolare anche le dèe del destino. Senza il verso non c'era nulla; la forma metrica viene incontro con un “divino oplà". E i filosofi “seri” si richiamano sempre a sentenze poetiche per dar forza e attendibilità al loro pensiero.
Gli anni in cui il filosofo tedesco lavora sono gli anni dell'Antropologia. Nietzsche non lo sa, ma è come se lo sapesse decodificando il modello culturale a cui appartiene. Egli è il "virgulto postumo", il genio di cui parla proprio ne La gaia scienza.

Gestalt e Bildung e un mucchio di sensazioni
 
Bildung e Gestalt hanno a che fare con dionisiaco e apollineo che non possiamo separare e che trovano la loro espressione massima nella tragedia. Quest'ultima non è solo il coro, ma anche il dialogo (lato apollineo). La tesi centrale della Nascita della Tragedia è quella che è nata dal coro tragico, dal coro dei Satiri (esseri naturali). I Satiri sono gli impulsi dionisiaci. Euripide ha separato i due volti della tragedia e ne ha provocato così la fine. Euripide è il responsabile del suicidio della tragedia eliminando l'elemento dionisiaco originario e onnipotente, in altri termini, eliminando la Bildung. Senza il dionisiaco perde anche l'apollineo riducendosi a pura “apparenza” di serenità. Nietzsche attacca Euripide. I personaggi perdono l'unità originaria, cessano di essere eroi per trasformarsi in maschere di uomini comuni. A Euripide è associato Socrate vero protagonista della crisi. Egli ha segnato tutta la storia dell'Occidente inaugurando l'ottimismo teorico: l'istinto creativo ha ceduto il passo ai domini della logica e lo spirito dionisiaco è stato soppiantato dallo spirito critico-razionale.

Danza degli aforismi
 
Torna la danza che è anche ritmo come abbiamo visto, danza con cui raccogliere ghirlande da appendere alle stelle mentre si va in alto, sulla scala del cielo.
Leggendo Goethe e la sua Metamorfosi delle piante potemmo dire che sono le piante che danzano, le foglie, il calice, la corolla, gli stami che si sviluppano uno dopo l'altro e per così dire l'uno dall'altro. Danza, sì, nella concretezza e danza dell’annunciazione della fioritura. Goethe ha inseguito la metamorfosi delle piante a Napoli, in Sicilia, a Roma. E' qui, in questi posti, la sua storia botanica. Nell'organico non c'è nulla di fisso, d’immobile; esso ondeggia,  infatti,  in una contiguità di moto. E' questa di nuovo la Building: gemmazione e prolificazione sono due massime dell'organismo. Il già formato (Gestalt) è subito ritrasformato (Buildung). Ogni vivente non è un singolo, ma una pluralità, un insieme di esseri viventi e autonomi “Questi esseri viventi sono in parte fin dalle origini uniti, in parte si trovano, cercarsi, generando una produzione infinita in tutti i modi e in ogni direzione”.
Il libro di Nietzsche, La gaia scienza, diventa un organismo con i suoi aforismi che si mescolano, si separano, si uniscono, si ricombinano e battono sempre un palpito nuovo. Il filosofo fa del suo testo un'opera d'arte e di scienza. Gli aforismi sono anche loro parte di una tessitura, parole e immagini che si offrono agli occhi del lettore, affinché se ne comprendano le parti, la relazione tra le parti, tra gli aforismi, la struttura dell'insieme che si compone per mezzo delle molteplici connessioni. Ogni aforisma è affine e diverso dall'altro, asso concorde, legato alla somiglianza. Goethe fa un componimento poetico usando la metamorfosi delle piante, componimento  dedicato alla sua amante Christiane Vulpius.
Il primo viaggio di Goethe nella nostra Penisola è del 1786. A Padova, proprio in quell'anno, visitò il giardino botanico della città. Qui rilette sulla possibilità che la grande varietà delle forme vegetali si possa ricondurre ad un'unica pianta: “Qui, fra tante varietà di piante che vedo, per la prima volta, mi si fa sempre più chiara e più viva l'ipotesi che in conclusione tutte le forme delle piante si possano far derivare da una pianta sola. Soltanto con l'ammettere questo sarebbe possibile stabilire veramente i generi e le specie, cosa che a me pare sia stata fatta in modo molto arbitrario”. Anche a Palermo Goethe fu di fronte all'esuberanza delle flora mediterranea. Questa esuberanza si può vedere in tutti gli altri esseri viventi. Goethe vedeva somiglianze, la tendenza del molteplice a ridursi in unità. In altri termini, c'è una pianta originaria, la presenza di un “modello” con il quale poi è possibile stabilire generi e specie. Dice Goethe “ Come potrei altrimenti riconoscere che questa o quella forma non fossero tutte modellate sulla base di un unico modello?
Il nostro intelletto è troppo ottuso per cogliere l’incessante metamorfosi che notiamo in fotogrammi. Con questi fotogrammi immobilizziamo in “forme” il divenire. Francesco Moiso parla della forma come una sorta di taglio all'interno di un flusso (Nietzsche e le scienze, Cuem, Milano, 2012). Essa ha a che fare con una possibilità che è proprio della vita con il suo offrirsi come oggetto del pensiero in innumerevoli forme che sono la vita stessa visibile e pensabile. In ciò che noi fissiamo in forma alberga una brulicante e infinita molteplicità. No alla forma organica-teleologica che mette la molteplicità in una totalità gerarchica, chiusa e finalistica. Pe L'essere vivente sia per Goethe che per Nietzsche non è un singolo, ma una molteplicità, è una riunione di esseri viventi autonomi. Per Moiso la forma e un concetto fluido, la Bildung è sensibile e mobile. Per lo studioso la forma si staglia sul vivente. Negli Appunti filosofici Nietzsche dice che la forma salva dal caos dell’informe: la vita è possibile in un numero straordinario di forme. Ma tornando a La gaia scienza Nietzsche scrive che sappiamo a stento cosa sia l'organico. L'Universo non è una macchina. Esso non è costruito per un fine. Il vivente è soltanto una varietà dell'inanimato e il carattere del mondo è un caos per tutta l'eternità. Non c'è la dualità causa-effetto, ma un continuum della vita di cui aveva parlato Goethe: “Abbiamo scoperto una successione molteplice, laddove l'uomo ingenuo e il ricercatore delle civiltà più antiche vedevano soltanto due cose: “causa” ed “effetto”, come si diceva; abbiamo reso perfetta l'immagine del divenire, ma non siamo approdati oltre l'immagine, dietro l'immagine.  La vita non è un argomento prefissato. La salute in sé non esiste perché ci sono innumerevoli sanità, multiformi spiritualità dell'uomo; non esistono orizzonti e prospettive eterne.
Cultura, quindi, forma e vita della cultura, Gestalt e Bildung della cultura di cui Nietzsche non parla di cui Nietzsche, in ultima analisi, parla...

F. Nietzsche
Friedrich Nietzsche

Commenti

Post popolari in questo blog

Kultur e Zivilisation: Nietzsche e le scienze A-venire

di Nico Carlucci Kultur e gli anni di Basilea (1869-1879)      Nietzsche a Basilea fu un diligente insegnate. I suoi scolari lo ricordano come chi era capace di convincere allo studio, anche i più pigri. Egli riflette molto sul problema dell’educazione, sulla funzione degli istituti di cultura. La guerra franco-prussiana interruppe per qualche settimana la sua attività di insegnante. Sono gli anni in cui Nietzsche si sentiva legato a Burckhardt, storico basilese. A lui lo legò il comune amore per Schopenhauer e una concezione importante della civiltà greca. A Burckhardt lo lega anche quello che Nietzsche chiama “il sentimento dell’autunno della civiltà”. [1] Civiltà, sì. Una tradizione andava scomparendo con tutte le sue istituzioni. Significativa è la lettera che scrisse all’amico Carl von Gersdorff il 21 giugno 1871: “Al di là del conflitto delle nazioni, ci ha terrorizzati, terrificante e improvviso, il sollevarsi dell’idra internazionale, foriero di ben altre batta

Le donne si vestono.Simbolismo dell'abito monastico femminile

di Nico Carlucci “Perfetta vita e alto merto inciela donna più su” mi disse, “a la cui norma nel vostro mondo giù si veste e vela, perché fino al morir si vegghi e dorma con quello sposo ch’ogne voto accetta che caritate a suo piacer conforma. Dante, Canto III, "Il Paradiso", Divina Commedia Sul modo di vestirsi dei religiosi e in modo particolare delle monache, non esiste ancora una riflessione di carattere storico-antropologica che tenga conto del vissuto e del modo in cui le donne si sono percepite indossando quanto era stato deciso dai consacrati maschi (velo, tunica, sandali, cintura, cilicio, rosario). A questo scopo, credo che il concetto di cultura possa essere utile per una ricostruzione dei significati profondi che accompagna la donna e la sua “rappresentazione,” attraverso il suo corpo, nella storia. Per cultura intendo un “insieme complesso” di funzioni, norme, tecniche, miti, abitudini, tradizioni, tratti che si integrano in una struttura cui diamo il

La pietra miliare dell'Antropologia: Franz Boas

di  Nico Carlucci Franz Boas nasce a Minden, in Germania nel 1858 da una famiglia ebrea. Ebbe una cultura che si nutriva della fisica, della matematica e anche della geografia che lo condusse indirettamente all'antropologia. Ancora giovanissimo partì per una spedizione presso gli eschimesi della Terra di Baffin con l'obiettivo di studiare gli effetti dell'ambiente fisico sulla società locale. Nel 1887 Franz va a vivere negli Stati Uniti. Qui fonda a New York, alla Columbia University, il dipartimento di Antropologia e diventa maestro di famosi antropologi come Alfred L. Kroeber, Robert Lowie, Edward Sapir, Jean Herskovits, Ruth Benedict, Margareth Mead. Sempre a New York curò l'American Museum of National History. Boas, però, non farà mai un lavoro di esposizione sistematica del suo modo di intendere l'antropologia. Beh, sicuramente prende le distanze da L.H.Morgan, antropologo evoluzionista che aveva esemplificato troppo parlando di sviluppo indipendente de