Passa ai contenuti principali

Un'antropologa e il suo sogno ad occhi aperti: Difendere l'Italia

a cura di Nico Carlucci



di: Fabrizio Fioriniwww.rinascita.eu
“Né con speranza, né con timore”. Questa l’amara constatazione, che si tramuta in grido di sfida, che emana dalle pagine di “Difendere l’Italia”, recente saggio della “martellatrice” dell’Europa delle banche e dell’omologazione, dell’Europa suicida. Un saggio da cui il “sogno” di arrestare un decadenza oramai evidentemente inarrestabile richiama, più che una concreta e vicina prospettiva di fattibilità politica, il suono delle parole che già decenni or sono affermò Jean Thiriart, evocando il senso del dovere attivo: “un uomo difenderà la sua donna contro due teppisti senza preoccuparsi della sua inferiorità numerica, egli lo farà perche ‘questo deve fare’. Ugualmente, in pieno inverno, un uomo si getterà nell’acqua fredda per salvare un giovane senza attendere l’arrivo dei pompieri o di un’ambulanza perché ‘questo si deve fare’ ”. Un disincantato grido di dolore per la nostra nazione e per la nostra più grande patria europea per la quale oramai compiono impunemente le loro scorribande i signori del denaro e delle banche, che si sono appropriati della scaturigine di ogni possibile sovranità politica, come lucidamente osservato dall’Autrice: “Hanno in mano l’arma assoluta, la creazione del denaro, e l’hanno usata con la spietatezza, non di chi minaccia, non di chi vuole intimorire, ma di chi vuole distruggere l’Europa”.  Un “Laboratorio per la Distruzione”, che sta scientificamente, e con la complicità degli amministratori della cosa pubblica, conducendo gli italiani e gli europei sulla strada dell’estinzione.Il “Verbo” del politicamente corretto e il ricorso ai giri di parole sono del tutto alieni a Ida Magli. Ciò diviene evidente quando esplicitamente descrive la situazione in cui è precipitata con velocità sorprendente la nazione, travolta dal crollo delle istituzioni, del Papato, del Parlamento, di ogni residuale senso di forza, vitalità e virilità. Travolta dalla dismissione di ogni forma di sovranità e dalla demonizzazione di ogni istanza politica in tal senso diretta.  Travolta dall’abbandono forzoso delle scienze umane che formavano la consapevolezza di un popolo e di una classe dirigente, sacrificate sull’altare della necessità di cancellare un intero continente inducendo i suoi cittadini a “non pensare”. E’ questa l’altra arma formidabile messa in campo dalla cricca  mondialista: la creazione di una generazione incapace di qualsivoglia spirito critico, in preda a un delirio collettivo, a uno stato onirico, a un ribaltamento del sistema logico preparati in ogni loro dettaglio, complici il sincretismo buonista ecclesiastico, la scuola e il mondo della cosiddetta “cultura”. Un popolo incapace di comprendere la natura devastatrice di questa “terza guerra mondiale” che viene combattuta contro i popoli del vecchio continente non già da un nemico esterno e facilmente individuabile, bensì dai loro stessi governanti che la storia in futuro dovrà ricordare come colpevoli di un vero e proprio genocidio. Chiunque provi a parlare di “impreparazione” di questa classe politica e delle autorità morali ed ecclesiastiche che ci spingono sempre più vicini all’orlo del baratro, sbaglia. Come l’Autrice ci ricorda nelle sue impietose osservazioni, si tratta di complicità. Di collusione col nemico, di subalternità alle direttive della grande piovra del Laboratorio per la Distruzione e dei suoi tentacoli bancari, finanziari, massonici. Al popolo, deve essere offerto un Verbo che non può essere messo in discussione. Il popolo non deve pensare. Neanche dinanzi all’evidenza, ai suicidi, alla disperazione, alla morte di ogni aspetto della vita civile, politica e culturale che aveva contraddistinto una millenaria civiltà. Ida Magli, come già detto, non ama girare attorno alle questioni, o ricorrere a espedienti dialettici che evitino di épater le bourgeois. Lo si nota nella sua ricostruzione storica, quando stabilisce la logica connessione consequenziale  della guerra in corso che vede contrapporsi i poteri finanziari euro-americani e la sovranità delle nazioni con la seconda guerra mondiale “guidata dall’Inghilterra e soprattutto dagli Stati Uniti d’America in modo che alla fine l’Europa potesse essere plasmata secondo il progetto unificatore che non era ancora stato possibile realizzare. Fu, infatti, questo uno dei principali motivi per i quali Churchill non volle mai concedere un armistizio a Hitler sebbene gli fosse stato chiesto insistentemente più volte. L’America a sua volta condusse bombardamenti distruttivi, spietati, contro gli uomini, contro la Cultura, contro la Storia, contro l’Arte, senza alcuna giustificazione strategica di carattere militare. (…) Uno scopo, quindi c’era: cancellare per sempre la storia e la civiltà d’Europa (…) Per questo la guerra non finiva mai. Si fermò soltanto quando non ci fu più nulla da distruggere e gli uomini furono ridotti a poche, misere larve spaurite in cerca soltanto di un rifugio dove nascondersi. L’America dichiarò allora (…) che l’Europa, insieme ai suoi nefandi figli, non esisteva più e che adesso, nell’uguaglianza universale, era lei la padrona del mondo”. Alla faccia dei “politicamente corretti” di ogni risma. Alla faccia dei “sovranisti-buonisti” che fanno la caricatura della Merkel in divisa da SS con il simbolo dell’Euro al posto della svastica. Il rullo compressore della Magli, nelle pagine di “Difendere l’Italia”, continua la sua marcia passando alla descrizione del momento attuale, del silenzio complice di quella Chiesa che si cristallizza nella conservazione di una stantia ritualità aliena alle sue stesse origini ma che tace sul velo di morte che la finanza apolide sta stendendo sugli uomini, e dei crimini di quegli addetti alla cosa pubblica succubi di un “sopra-potere che guida tutto e tutti nascostamente verso mete preordinate. (…) Sotto le vesti del Bilderberg e degli altri Club dell’area occidentale, il Laboratorio per la Distruzione ha preso il comando dei governi e dei politici d’Europa ai quali è delegato soltanto il compito di realizzare, in totale asservimento, l’omogeneizzazione e l’unificazione dei popoli e degli Stati, distruggendoli nell’unificazione europea”. Le soluzioni, che l’Autrice si sforza di vedere (“senza speranza”) e di affermare (“senza paura”) risiedono nella denuncia più radicale delle organizzazioni sovranazionali, nella riconquista della piena sovranità monetaria, politica, economica. Nel blocco immediato di ogni omologazione mondialista e di ogni religiosità dell’ “accoglienza”. Nella riaffermazione dello spirito popolare delle nazioni, dell’italianità in ogni sua manifestazione politica, culturale, etnica. Nella riscoperta del nostro intrinseco valore paesaggistico, artistico, musicale (“la capacità genetica musicale è l’unica – sostiene Ida Magli – della quale (almeno ad oggi, visto che è praticamente vietato fare ricerca sull’eredità genetica della cultura) abbiamo prove troppo evidenti per essere smentite”). Una battaglia, in sintesi, per l’affermazione di un’identità e per la rinascita dell’intelligenza, dello spirito critico di una nazione, fuori da ogni falso dogma imposto da chi anela alla morte del nostro popolo: “come sappiamo ormai molto bene,  qualsiasi forma di valutazione è proibita, visto che valutare implica stabilire differenze. Il tabù dell’uguaglianza uccide le differenze, ma contemporaneamente uccide le intelligenze”. Nei racconti di “Marcovaldo”, Italo Calvino raccontava in tre passaggi l’Uomo dinanzi alla modernità: il grigiore dell’esistenza, l’illusione di poter tornare a vedere la “Natura”, e infine l’immancabile delusione, dovuta dall’impossibilità di raggiungerla. Le parole dell’Autrice di “Difendere l’Italia”, appellandosi sempre agli Uomini, ci danno invece i precetti per aprire una quarta fase, una fase nuova: la necessità, anche dinanzi alle preponderanti forze nemiche, di continuare a lottare. E’ un naturale atto di ribellione contro quei poteri che perseguono l’obiettivo della nostra estinzione con un’arma assolutamente nuova: ci spingono a darci la morte da noi stessi. E’ un atto dovuto ai nostri figli, per poterli, un giorno, guardare negli occhi senza provare vergogna. E’ la necessità, sostiene Ida Magli, di “diventare Eroi proprio nell’epoca e nella società che ha affermato di non averne bisogno”. Ida Magli, “Difendere l’Italia”, BUR, Milano 2013



Commenti

Post popolari in questo blog

Kultur e Zivilisation: Nietzsche e le scienze A-venire

di Nico Carlucci Kultur e gli anni di Basilea (1869-1879)      Nietzsche a Basilea fu un diligente insegnate. I suoi scolari lo ricordano come chi era capace di convincere allo studio, anche i più pigri. Egli riflette molto sul problema dell’educazione, sulla funzione degli istituti di cultura. La guerra franco-prussiana interruppe per qualche settimana la sua attività di insegnante. Sono gli anni in cui Nietzsche si sentiva legato a Burckhardt, storico basilese. A lui lo legò il comune amore per Schopenhauer e una concezione importante della civiltà greca. A Burckhardt lo lega anche quello che Nietzsche chiama “il sentimento dell’autunno della civiltà”. [1] Civiltà, sì. Una tradizione andava scomparendo con tutte le sue istituzioni. Significativa è la lettera che scrisse all’amico Carl von Gersdorff il 21 giugno 1871: “Al di là del conflitto delle nazioni, ci ha terrorizzati, terrificante e improvviso, il sollevarsi dell’idra internazionale, foriero di ben altre batta

Le donne si vestono.Simbolismo dell'abito monastico femminile

di Nico Carlucci “Perfetta vita e alto merto inciela donna più su” mi disse, “a la cui norma nel vostro mondo giù si veste e vela, perché fino al morir si vegghi e dorma con quello sposo ch’ogne voto accetta che caritate a suo piacer conforma. Dante, Canto III, "Il Paradiso", Divina Commedia Sul modo di vestirsi dei religiosi e in modo particolare delle monache, non esiste ancora una riflessione di carattere storico-antropologica che tenga conto del vissuto e del modo in cui le donne si sono percepite indossando quanto era stato deciso dai consacrati maschi (velo, tunica, sandali, cintura, cilicio, rosario). A questo scopo, credo che il concetto di cultura possa essere utile per una ricostruzione dei significati profondi che accompagna la donna e la sua “rappresentazione,” attraverso il suo corpo, nella storia. Per cultura intendo un “insieme complesso” di funzioni, norme, tecniche, miti, abitudini, tradizioni, tratti che si integrano in una struttura cui diamo il

La pietra miliare dell'Antropologia: Franz Boas

di  Nico Carlucci Franz Boas nasce a Minden, in Germania nel 1858 da una famiglia ebrea. Ebbe una cultura che si nutriva della fisica, della matematica e anche della geografia che lo condusse indirettamente all'antropologia. Ancora giovanissimo partì per una spedizione presso gli eschimesi della Terra di Baffin con l'obiettivo di studiare gli effetti dell'ambiente fisico sulla società locale. Nel 1887 Franz va a vivere negli Stati Uniti. Qui fonda a New York, alla Columbia University, il dipartimento di Antropologia e diventa maestro di famosi antropologi come Alfred L. Kroeber, Robert Lowie, Edward Sapir, Jean Herskovits, Ruth Benedict, Margareth Mead. Sempre a New York curò l'American Museum of National History. Boas, però, non farà mai un lavoro di esposizione sistematica del suo modo di intendere l'antropologia. Beh, sicuramente prende le distanze da L.H.Morgan, antropologo evoluzionista che aveva esemplificato troppo parlando di sviluppo indipendente de